L’esperienza comune dimostra come sempre più spesso ci viene chiesto di sottoscrivere un documento apponendo la nostra “firma” su uno schermo. Questo può accadere per esempio quando si effettuata un’operazione in banca o quando si sottoscrive la ricevuta della consegna di un pacco postale.
In altri casi, quando l’operazione non è effettuata alla presenza fisica delle parti, ma on line, ci viene richiesto di concludere il processo di firma digitando alcuni codici, che il fornitore ha appena inviato su un nostro dispositivo precedentemente certificato.
Altre volte ancora, per alcuni particolari atti (es: atti giudiziari), viene richiesta una firma qualificata, che si esprime tramite l’utilizzo di una c.d. “chiavetta” o “smart card” rilasciata da provider autorizzati previa identificazione personale del soggetto richiedente.
Il tema delle firme digitali è davvero fitto di spunti. Iniziamo quindi a mettere un po’ di ordine chiarendo che la materia è regolata dal principio di non discriminazione tra documenti elettronici e cartacei, affermato nel Regolamento europeo eIDAS del 2014, efficace a partire dal 2016, in base al quale gli Stati membri devono garantire il riconoscimento dell’efficacia giuridica delle sottoscrizioni informatiche, in via equivalente a quelle cartacee.
Nei post successivi di occuperemo, separatamente, di chiarire cosa di intenda per efficacia giuridica delle sottoscrizioni informatiche facendo riferimento alle varie tipologie di firma riconosciute dal nostro ordinamento.