Oggi, 30 marzo, entra in vigore il Decreto Legislativo 24/2023 recante le norme di attuazione della Direttiva UE 2019/1937 in materia di Whistleblowing.
Il Decreto disciplina “la protezione delle persone che segnalano violazioni di disposizioni normative nazionali o dell’Unione europea che ledono l’interesse pubblico o l’integrità dell’amministrazione pubblica o dell’ente privato, di cui siano venute a conoscenza in un contesto lavorativo pubblico o privato”. Le violazioni possono riguardare illeciti penali, civili, amministrativi e contabili.
La normativa pur avendo un vasto ambito di applicazione oggettivo pone alcune limitazioni: sono esclusi i casi in cui, alla base della segnalazione, vi sono interessi personali e che riguardano solo rapporti privati con i colleghi; la norma non si applica, inoltre, quando la legge impone la denuncia obbligatoria, nonché alla segnalazione di violazioni riguardanti la sicurezza nazionale e la materia degli appalti riguardanti la difesa e la sicurezza pubblica.
In linea generale, il segnalante di illeciti è protetto dall’anonimato e non può essere licenziato né sanzionato a causa della segnalazione stessa. La legge non impone alcun obbligo di segnalazione, ma si limita ad approntare le giuste tutele per chi decide di assumersi questa responsabilità.
Ci limiteremo a riepilogare sommariamente punti di rilievo della normativa per quanto riguarda il settore privato, riservandoci di dedicare i successivi contributi all’impatto che la normativa avrà sul trattamento dei dati personali delle persone coinvolte nel processo di segnalazione; inoltre approfondiremo i nuovi processi e procedure che dovranno essere adottati dalle società per consentire ai soggetti coinvolti di poter esercitare i propri diritti in modo consapevole e sicuro.
Le novità da segnalare rispetto alla disciplina previgente
Il nuovo Decreto recepisce quanto previsto dalla Direttiva UE 2019/1937 in materia di Whistleblowing.
Prima dell’introduzione della normativa, la tutela del whistleblower era limitata al settore pubblico (art. 54-bis del d.lgs. n. 165 del 2001, T.U. del Pubblico Impiego ed art. 3, L. 179/2017).
In ambito privatistico, invece, l’unica forma di tutela del segnalante era riservata all’ambito applicativo del D. Lgs. 231/2001 intitolato “Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, a norma dell’articolo 11 della legge 29 settembre 2000, n. 300“.
In proposito, l’art. 6, co. 2 bis, introdotto nel 2017, stabiliva che le aziende obbligate al rispetto della disciplina prevista dal menzionato Decreto Legislativo 231/2001 devono prevedere canali interni di segnalazione a tutela del whistleblower.
La nuova normativa estende la disciplina del whistleblowing in via generalizzata anche al mondo delle aziende private, come appresso meglio spiegato.
Il whistleblowing nel settore privato
I soggetti del settore privato destinatari della normativa sono coloro che presentino almeno uno dei seguenti requisiti:
- abbiano impiegato nell’ultimo anno una media di almeno 50 dipendenti con contratti di lavoro subordinato;
- rientrano nell’ambito di applicazione degli atti dell’Unione di cui alle parti I.B e II dell’allegato al decreto in oggetto (es. soggetti operanti in ambito finanziario, trasporti transnazionali o nel settore degli idrocarburi);
- rientrano nell’ambito di applicazione del Decreto Legislativo 231/2001 e adottano i conseguenti modelli organizzativi e di gestione.
Chi sono i soggetti tutelati
Sono tutelati dalla normativa tutti i lavoratori, sia subordinati che autonomi. La normativa tutela anche i liberi professionisti, i consulenti, i volontari ed i tirocinanti; nelle società, rilevano anche le segnalazioni di azionisti e membri degli organi amministrativi e di controllo.
Le norme possono applicarsi anche in assenza di un contratto in corso di validità, sia con riferimento alla fase precontrattuale e di prova, che con riguardo allo scioglimento del rapporto di lavoro, se le informazioni denunciate sono state apprese quando questo era ancora in corso.
Canali di segnalazione
Sono previsti due canali di segnalazione: un canale interno affidato ad una persona o ad un ufficio autonomo dedicato, che può essere gestito dalla medesima società o esternalizzato; un canale di segnalazione esterno, gestito dall’ANAC.
Attraverso il primo, il segnalante si rivolge direttamente ad un organo interno all’azienda, che deve garantire la riservatezza sul contenuto e sull’identità di chi effettua la segnalazione e delle persone coinvolte. Le segnalazioni possono essere in forma scritta, orale (tramite linea telefonica o messaggi vocali), e, solo su richiesta del segnalante, in presenza.
Il canale di segnalazione esterna ha una funzione residuale, e può essere adito solo quando: 1) non c’è un obbligo per l’ente di introdurre un meccanismo di segnalazione interna, o comunque se questo non è disponibile o non è conforme ai requisiti di legge; 2) se è già stata fatta una segnalazione interna che non ha avuto seguito; 3) se dalla segnalazione interna può derivare un rischio di ritorsione o quando si presume che questa sarebbe inefficace; 4) quando dalla violazione derivi un pericolo imminente o palese per il pubblico interesse.
Il canale di segnalazione esterna è istituito presso l’ANAC, che prevede forme di comunicazione scritta o orale e fa ricorso a sistemi che garantiscano la riservatezza del segnalante. Entro tre mesi dall’entrata in vigore del decreto l’ANAC, sentito il Garante per protezione dei dati personali, adotterà apposite linee guida per la gestione delle segnalazioni esterne.
La procedura di segnalazione interna
Le modalità di segnalazione interna sono descritte dagli artt. 4 e 5 del decreto in esame.
È previsto l’affidamento del canale ad apposite persone o uffici autonomi all’interno dell’azienda, deputati a ricevere e gestire le segnalazioni. È possibile, in alternativa, l’affidamento a soggetti esterni all’azienda, purché dotati di autonomia. In ogni caso, il personale addetto dev’essere adeguatamente formato a svolgere il ruolo cui è preposto. Nell’ambito della gestione del canale di segnalazione interna, la persona o l’ufficio interno ovvero il soggetto esterno ai quali è affidata la gestione devono mettere a disposizioni informazioni chiare anche sulle procedure e sui presupposti per effettuare le segnalazioni esterne. Le informazioni sul canale di segnalazione devono essere visibili nei luoghi di lavoro e, qualora esista un sito internet aziendale, devono essere rese pubbliche anche online, in una sezione dedicata.
Le persone e gli uffici preposti alla gestione del canale, alla ricezione di una segnalazione, entro sette giorni devono dare avviso del ricevimento al whistleblower; questi, inoltre, assicurano la continuità dei contatti col segnalante, e danno seguito alla denuncia. Entro tre mesi, deve essere fornito un riscontro al segnalante sull’esito della procedura.
La procedura di segnalazione esterna
Le modalità di svolgimento della segnalazione esterna sono definite dagli artt. 7 e seguenti del decreto; come detto, tale canale può essere adito solo al ricorrere di particolari condizioni.
Si prevede che l’ANAC, una volta istituite la piattaforma informatica e la linea telefonica necessarie alla ricezione di segnalazioni, debba formare personale adeguato al ruolo e garantire lo svolgimento di specifiche attività. Deve innanzitutto offrire piena e completa informazione agli interessanti sulle modalità di segnalazione. Quando riceva una denunzia, poi, l’ANAC garantisce il riscontro sul ricevimento entro 7 giorni dall’invio, e procede a dar seguito alla segnalazione attraverso lo svolgimento di un’adeguata istruttoria (che può contemplare anche l’ascolto di soggetti interessati e l’acquisizione di documenti).
L’ANAC mantiene aperto il canale d’interlocuzione con il segnalante per lo svolgimento della procedura, che deve concludersi entro 3 mesi (entro 6 quando vi siano giustificate ragioni), dando riscontro al segnalante e comunicandogli l’esito. In particolare, è possibile che sia disposta l’archiviazione, l’irrogazione di sanzioni amministrative, o la trasmissione della documentazione ad altra autorità competente (amministrativa o giudiziaria).
Per violazioni denunziate di lieve entità, l’ANAC può scegliere di non dare corso alla procedura e di procedere all’archiviazione.
Le regole sulla riservatezza del segnalante
L’identità della persona segnalante è riservata, ed è fatto divieto di divulgazione di tale informazione agli organi che ricevano l’informazione. Qualsiasi informazione che consenta di identificare l’autore della segnalazione non può essere divulgata né comunicata a persone diverse da quelle tenute alla ricezione, salvo che vi sia il consenso espresso dell’interessato.
Nel caso di processo penale, l’identità del segnalante è coperta da segreto d’indagine; con riguardo al caso in cui il procedimento di whistleblowing si svolga in un ente pubblico, non è consentito l’accesso ai documenti inerenti la segnalazione. Se la segnalazione dà esito ad un procedimento disciplinare, l’identità del segnalante può rivelarsi solo se le dichiarazioni siano fondamentali ai fini della procedura (e dunque l’identità sia essenziale ai fini della difesa della persona coinvolta) e purché vi sia il consenso dell’autore.
Con riguardo al trattamento dei dati personali, poi, operano le regole generali sancite dal GDPR, con obbligo di cancellazione immediata di qualsiasi dato superfluo. La segnalazione, in ogni caso, va conservata esclusivamente per il tempo necessario, e comunque non oltre il limite massimo di 5 anni decorrenti dalla data della comunicazione dell’esito finale della procedura di segnalazione.
Le tutele del lavoratore segnalante
Il lavoratore che, venuto a conoscenza di una violazione, la denunzi secondo le nuove modalità previste in materia di whistleblowing, è tutelato da diverse previsioni.
Innanzitutto, è fatto divieto di ritorsioni nei suoi confronti. La normativa elenca, senza pretesa di esaustività, una serie di esempi ipotesi ritorsive, quali il licenziamento, il mutamento di funzioni, la degradazione, il ricorso a note di demerito o sanzioni disciplinari, il recesso da contratti, il mancato rinnovo o la mancata conversione di contratti a termine, etc.
La tutela è rafforzata dalla previsione di un’inversione dell’onere probatorio nell’ambito dei procedimenti giudiziari che abbiano ad oggetto atti ritorsivi. È la società, dunque, a dover dimostrare che la ragione del demansionamento, licenziamento, contestazione disciplinare, sia estranea alla segnalazione. È prevista, altresì, una presunzione semplice circa la sussistenza del nesso causale tra l’atto ritorsivo ed il danno subito dal lavoratore.
È prevista l’istituzione presso l’ANAC di uno specifico elenco di enti del Terzo Settore che offrono misure di sostegno al lavoratore contro ritorsioni, anche attraverso la garanzia di informazioni e consulenze gratuite.
Eventuali ritorsioni di cui l’ANAC venga a conoscenza sono immediatamente comunicate al Dipartimento della funzione pubblica presso il Consiglio dei Ministri, in caso di coinvolgimento di enti pubblici, o all’Ispettorato del Lavoro, se la segnalazione avviene in contesti privatistici.
Le sanzioni previste
Fatta salva l’applicabilità delle norme in materia di responsabilità civile, penale ed amministrativa dell’ente, l’ANAC può irrogare sanzioni pecuniarie sia agli enti che alle persone fisiche, quando riscontri determinate violazioni:
- se l’ente ha posto in essere ritorsioni, ha violato l’obbligo di riservatezza, o ha tentato di ostacolare la procedura di segnalazione, l’importo irrogabile è compreso tra 10.000 e 50.000 euro;
- se l’ente non ha introdotto canali per la segnalazione o questi non sono conformi alle previsioni del decreto, nonché quando non svolga alcuna attività di accertamento rispetto alle violazioni riportate, l’importo irrogabile è compreso tra 10.000 e 50.000 euro;
- se il segnalante, con le sue dichiarazioni, si è reso responsabile dei reati di calunnia o diffamazione, e dunque si accerti la sua responsabilità penale almeno in primo grado, l’importo irrogabile è compreso tra 500 e 2.500 euro.
Applicazione
Le nuove disposizioni avranno effetto a partire dal 15 luglio 2023. Per le segnalazioni denunce all’autorità giudiziaria o contabile effettuate effettuate prima di tale data, si continua ad applicare la normativa previgente (art 54 bis TU sul Pubblico Impiego ed art. 6, L. 241/’90).
Per i soggetti del settore privato che hanno impiegato, nell’ultimo anno, in media fino a 249 lavoratori subordinati, l’obbligo di istituzione del canale di segnalazione interna ha effetto a decorrere dal 17 dicembre 2023. Fino ad allora, continua ad applicarsi la normativa previgente rivolta ai soggetti già destinatari di quanto previsto dal decreto legislativo n. 231 del 2001.